Quanti sono gli utenti attivi su Facebook nel 2024? Secondo alcuni siti di statistiche (Statista, Backlinko, Demandsage) Facebook è il social media più popolare al mondo e conta circa 3 miliardi di account attivi mensili a livello globale. Quasi il 70% di questi utenti accede a Facebook quotidianamente. In pratica circa il 38% della popolazione totale del mondo usa Facebook ogni mese.
La maggior parte di questi vive in India: qui ci sono più di 378 milioni di persone su Facebook.
Fanno seguito tre Paesi con oltre 100 milioni di utenti attivi: Stati Uniti (194 milioni), Indonesia (119 milioni) e Brasile (112 milioni). In Italia gli account attivi sono circa 27 milioni.
Il picco di utilizzo della piattaforma di Facebook si è avuto intorno agli anni 2011 e 2013. In seguito la parabola è stata discendente, fino al punto più basso nel 2022 e 2023. Attualmente ci sono segnali di una ripresa, anche se la cattiva notizia è questa: i tassi di crescita si hanno nella zona Asia-Pacifico e in altri territori in cui il fatturato medio per utente è più basso, intorno a 5,5 dollari per utente. Se la stessa crescita fosse in Paesi come Stati Uniti e Canada, il fatturato per utente sarebbe di 70 dollari (fonte Backlinko).
Il problema degli utenti non attivi e account falsi su Facebook
Un altro problema per la piattaforma di Meta è la presenza di utenti non più attivi o spam. Secondo i report forniti da Facebook, la piattaforma ha eliminato ben 27,6 miliardi di account falsi tra il 2017 e il 2023. Solo nel quarto trimestre del 2023 ne ha chiusi 691 milioni (fonte McAfee). Si tratta di account generati non da esseri umani ma da sistemi automatizzati o bot, che immettono nella piattaforma profili falsi per vari scopi ovviamente non leciti.
L’attività di eliminazione degli account ritenuti fake continua e Facebook ha stimato che questi rappresentino oggi circa il 4-5% di tutti gli utenti attivi mensili: in pratica ci sono intorno ai 150 milioni di account falsi su Facebook.
Ma cosa succede invece agli account di utenti reali ma non più attivi? Questi possono seguire diverse strade a seconda delle impostazioni e delle circostanze. Facebook non elimina automaticamente gli account inattivi: gli amici o i contatti possono continuare a vedere il profilo tra gli amici, nei suggerimenti, nei gruppi o nei post precedenti.
Se Facebook viene informato che l’utente è deceduto, l’account può essere trasformato in un profilo commemorativo: compare la dicitura “In ricordo di” e l’account non apparirà più nei suggerimenti e nei promemoria di compleanno. I contenuti condivisi rimangono visibili, ma il profilo non può essere modificato.
In alternativa, l’utente stesso può programmare l’eliminazione del proprio account in caso di inattività per un periodo prolungato. Anche i familiari possono chiedere l’eliminazione di un account, presentando la documentazione necessaria (ad esempio, un certificato di morte).
Teoricamente quindi gli account inattivi rimangono online a meno che non siano trasformati in commemorativi o eliminati manualmente. Il problema è che spesso queste strade non vengono intraprese e gli account di utenti deceduti rimangono visibili come normali account di persone in vita. Diverse ricerche mostrano che presto Facebook diventerà il più grande cimitero digitale mai esistito.
Gli utenti attivi su Facebook saranno meno degli utenti deceduti
Facebook sta diventando un vasto cimitero digitale, con un numero crescente di utenti deceduti che mantengono una presenza sulla piattaforma. Nel 2012 c’erano 30 milioni di utenti di Facebook già morti e ogni giorno più di 8.000 account Facebook appartengono a individui appena deceduti (fonte BBC). Alcuni profili sono commemorativi, ma altri continuano a funzionare come dei normali profili di persone in vita.
Almeno un miliardo e mezzo di utenti morirà prima del 2100 e i morti potrebbero superare il numero dei vivi su Facebook entro il 2070. In base ai tassi di crescita del social network, i deceduti potrebbero arrivare a quasi 5 miliardi alla fine del secolo (fonte University of Oxford e Big Data & Society 2019).
Le conseguenze etiche e morali della presenza di account di defunti su Facebook
Quali sono le implicazioni di questa bizzarra situazione? I social media conservano i ricordi, i pensieri e le personalità dei defunti, creando una specie di anima digitale. Questa eredità consente alle generazioni future di accedere a dettagli intimi della vita di una persona, ma sfida anche le nozioni tradizionali di lutto, poiché i dati digitali rendono difficile dimenticare e andare avanti.
Tramite l’intelligenza artificiale alcune aziende hanno addirittura pensato di offrire un servizio particolare: creare avatar digitali che imitano i defunti, offrendo la possibilità di interagire con i loro ricordi e le loro storie. Questa tecnologia potrebbe ridefinire l’eredità umana e sollevare questioni filosofiche ed emotive sul lutto e sulla necessità di lasciar andare. La situazione in cui i profili dei propri cari non scompaiono mai, ma sono sempre sotto i nostri occhi, potrebbe impedirci di dimenticare e di andare avanti, rimanendo legati a ricordi e continuando a provare negazione, rabbia, depressione, mancanza di accettazione della perdita.
Dimenticare i propri cari defunti non significa smettere di amarli o di portarli nel cuore, ma vuol dire vivere il presente in modo pieno e sano senza essere costantemente legati al passato. In tale contesto il concetto di dimenticanza ha un’accezione positiva, in quanto permette di agire nel presente e ricordare i defunti in momenti significativi, come anniversari o eventi speciali. Questo aiuta a preservarne la memoria, ma senza che il pensiero costante di loro impedisca di apprezzare le esperienze attuali e le relazioni vive.
Ricordare i propri cari nei momenti opportuni, come attraverso foto, racconti o visite ai luoghi legati al passato, può arricchire la propria vita. Ma il focus dovrebbe essere sul qui e ora, su chi ci circonda e su ciò che possiamo ancora creare e dare agli altri.
Che fine faranno i dati degli utenti defunti su Facebook?
La permanenza dei dati delle persone defunte sui social media rimodella il nostro rapporto non solo con la morte ma anche con la storia. Questo è un problema a livello sociale che ha appena iniziato ad emergere. Chi gestirà i nostri dati? Come questi dati plasmeranno la cultura delle generazioni future? Come verranno usati? Si tratta di un’arma potentissima. Nelle mani sbagliate, queste informazioni potrebbero subire tagli ed eliminazioni e andare a supportare le tesi di multinazionali, capi di stato e grandi imprenditori. Possono essere utilizzate per dare credito a determinate narrazioni politiche, economiche o culturali.
Pensiamo a tutti i post legati all’emergenza sanitaria del 2020: tra cinquant’anni potrebbero facilmente essere manomessi, cancellati in parte, nascosti per mostrare solo quello che una determinata “parte” ha interesse a far vedere.
La legislazione sulla protezione dei dati varia da Paese a Paese e non esistono ancora regole globali per affrontare la gestione di dati post-mortem. Una banca dati di questo tipo necessita di un confronto multidisciplinare e mondiale, coinvolgendo storici, archivisti, archeologi, psicologi, sociologi. L’obiettivo sarebbe di creare linee guida etiche e pratiche per garantire che i dati siano preservati e utilizzati in modo rispettoso.
Un archivio digitale che conserva i dati degli utenti defunti deve garantire trasparenza e autenticità per evitare distorsioni. La conservazione di memorie digitali potrebbe arricchire il patrimonio culturale delle future generazioni, offrendo uno sguardo dettagliato sulla vita del passato. Tuttavia, è fondamentale che queste informazioni siano gestite con criteri etici e supervisionati da organismi indipendenti per evitare abusi.
I dati digitali dei defunti rappresentano quindi un’arma a doppio taglio: una risorsa per la memoria collettiva ma anche una potenziale minaccia se non viene regolamentata. Faremo qualcosa per evitare conseguenze negative? O come sempre interverremo solo quando il problema sarà già ad uno stadio molto avanzato?