Scrivere testi con l’AI: 9 motivi per cui ti penalizzerà

Scrivere testi con l’AI (“intelligenza artificiale”) ha reso a tutti la vita più semplice. Abbiamo la possibilità di scrivere in brevissimo tempo grandi quantità di testo, che prima avremmo impiegato giorni per produrre. Possiamo tradurlo in più lingue, evitando il laborioso e dispendioso lavoro della traduzione manuale e del ricorso ad esperti madrelingua. Inoltre l’AI ha un costo ridotto, anzi praticamente gratis, se ci limitiamo a sfruttare le funzioni di base.

Ma davvero l’AI ha migliorato i nostri contenuti? Utilizzare esclusivamente l’intelligenza artificiale per scrivere testi per il proprio sito web e per i social network può portare a diverse problematiche, soprattutto in ambiti come SEO, accuratezza dei contenuti e monitoraggio dei risultati.

Non è tutto oro quello che luccica e forse un po’ lo avevi già intuito. In questo approfondimento ti mostro 9 motivazioni per le quali non dovresti abusare dell’AI nei contenuti per il tuo sito web e per i tuoi profili social. Dopo questa lettura la tua opinione sull’intelligenza artificiale probabilmente cambierà e la impiegherai in maniera più oculata e consapevole.

9 motivi per cui scrivere testi con l’AI penalizzerà il tuo sito e i tuoi profili social

  1. Mancanza di un piano editoriale
  2. Assenza di un lavoro sulle parole chiave
  3. Errori ortografici, di lessico, sintassi
  4. Dati e riferimenti sbagliati e fake news
  5. Problemi di coerenza, coesione, formattazione
  6. Variazioni di tono, stile, registro linguistico
  7. Testi con ridondanza, prolissità, ambiguità
  8. Contenuti duplicati o poco originali
  9. Assenza di analisi sull’andamento del sito e dei profili social

1. Mancanza di un piano editoriale

Il piano editoriale ti permette di organizzare e dare coerenza ai contenuti, di pianificare gli argomenti in sintonia con il tuo brand e i tuoi obiettivi, di raggiungere il tuo pubblico target.
Con esso puoi impostare un progetto sulle parole chiave, migliorando il posizionamento nei motori di ricerca. Puoi pianificare i contenuti sui social media in base alle tendenze e agli interessi degli utenti e monitorare le performance dei contenuti (visualizzazioni, interazioni e conversioni), individuando cosa funziona meglio e cosa va ottimizzato.

Spesso chi si butta a capofitto a scrivere testi con l’AI non è un professionista. Non conosce le giuste procedure per pianificare e organizzare i contenuti e non crea un piano editoriale strategico. Il risultato è che i contenuti non sono strutturati, non c’è un filo logico nella pubblicazione, mancano analisi, previsioni e monitoraggio dei risultati. In poche parole: si crea un grande ammasso di contenuti scollegati fra loro, con gli argomenti più disparati e che si rivolgono a target disomogenei.

2. Assenza di un lavoro sulle parole chiave

Tempo fa ho sentito dire da un “professionista” che le parole chiave SEO sono le parole ripetute in un testo. Mi si è accapponata la pelle! Le parole chiave non sono assolutamente le parole ripetute di un testo. Se io ripetessi cinque volte in un testo l’espressione “cibo per unicorni”, questa sarebbe una parola chiave? Assolutamente no!

Le parole chiave sono in origine delle query di ricerca, ovvero parole e frasi che gli utenti scrivono nei motori di ricerca per trovare quello di cui hanno bisogno. Utilizzare queste query di ricerca nei propri testi permette di posizionare i contenuti più in alto nei risultati di ricerca. In tal modo diventano maggiormente visibili e quindi cliccabili dagli utenti.

Qui veniamo al punto dolente: puoi usare l’AI per le parole chiave? Per fare un lavoro sulle parole chiave è necessario accedere alle API dei motori di ricerca (Application Programming Interface). Le API sono interfacce di programmazione fornite da Google e dagli altri motori di ricerca per consentire agli sviluppatori di accedere ai loro servizi e integrarli nelle applicazioni, siti web o software aziendali o personali. Per interfacciarsi con API come quelle di Google, è necessario avere accesso tramite “chiavi di autorizzazione API”.

Di default le intelligenze artificiali non hanno accesso diretto alle API di Google o ad altre API esterne, a meno che non siano integrate in un sistema che lo prevede specificamente e con le autorizzazioni necessarie. ChatGPT per esempio, può utilizzare solo risorse interne e non ha accesso diretto alle API di ricerca di Google.

Ecco quindi che usare l’AI per fare un lavoro sulle parole chiave ti porterà al 99% a non ottenere buoni risultati. L’AI infatti non riesce ad ottimizzare i contenuti per parole chiave specifiche e può generare solo contenuti generici. Senza una ricerca accurata sulle keyword e sui loro volumi di ricerca in tempo reale, i contenuti rischiano di essere poco rilevanti, compromettendo la visibilità del sito.
Come ovviare al problema? Iniziare a studiare SEO per almeno 4 o 5 anni. In alternativa contattare sempre un esperto della SEO (come la sottoscritta che sta scrivendo questo articolo).

3. Errori ortografici, di lessico, sintassi

Ho già parlato degli errori di ortografia che si notano nei testi scritti da ChatGPT, con parole che non vengono quasi mai scritte correttamente. Gli errori ortografici includono sbagli nelle lettere, come “Paese” con la p minuscola anche se riferito ad uno Stato, o l’uso scorretto degli accenti, come “sé stesso”.

L’AI inoltre spesso fatica a scegliere le parole adatte al contesto o usa un termine con un significato diverso da quello corretto (errori di lessico). Potrebbe anche utilizzare parole non completamente appropriate, creando frasi che suonano innaturali o ambigue. Questo accade perché non sempre coglie le sfumature del significato e l’uso corretto dei sinonimi. Altre volte compie errori sintattici nella struttura del discorso: potrebbe capitare che le frasi risultino confusionarie, con una disposizione innaturale degli elementi.

4. Dati e riferimenti sbagliati e fake news

Gli errori su dati e riferimenti si verificano quando l’AI riporta cifre, nomi, date, informazioni, citazioni in modo impreciso o errato. Sbagliare un dato chiave può compromettere la credibilità di tutto il testo e del brand stesso e creare anche problemi di diffusione di fake news. Soprattutto per argomenti specialistici, l’IA potrebbe non fornire numeri e dettagli corretti e utilizzare informazioni obsolete, non aggiornate o imprecise.

L’intelligenza artificiale inoltre può involontariamente generare o diffondere fake news. Se un modello di IA è addestrato su dati che contengono informazioni errate, fuorvianti o non verificate, può replicare e diffondere queste informazioni. Potrebbe anche interpretare male un contesto o un argomento, producendo contenuti che possono sembrare plausibili ma che sono basati su premesse false o distorte. Ciò è particolarmente grave con argomenti complessi o sensibili, dove è necessario un buon grado di comprensione e contestualizzazione.

Per queste ragioni, devi esercitare sempre un senso critico e verificare le informazioni provenienti da fonti generate da IA, specialmente quando trattano temi delicati o controversi. Alcuni modelli di AI forniscono i link alle fonti da cui hanno tratto le informazioni. Questo non è una garanzia che il contenuto prodotto sia corretto. Spesso infatti le fonti sono state modificate e aggiornate; tuttavia l’AI non ha compreso la modifica oppure continua a generare contenuti sulla base della prima versione non più valida. Quindi devi sempre verificare il contenuto del link indicato.

Le probabili conseguenze di questi scivoloni sono quelle che tutti conosciamo. La produzione di contenuti errati, sensazionalistici, obsoleti, catalogati come fake news, con notizie infondate possono portare alla penalizzazione del sito web da parte dei motori di ricerca. Stessa cosa può succedere se si tratta di un profilo sui social network, che subirà segnalazioni, rimozione dei contenuti, blocco temporaneo o permanente dell’account.

5. Problemi di coerenza, coesione, formattazione

L’AI compie spesso errori legati alla logica interna del testo: potrebbe produrre frasi che sembrano in contraddizione tra loro o che non si collegano bene al tema centrale. In questi casi il testo risulta incoerente e il lettore va in confusione.

Possono esserci anche errori di coesione legati al rapporto tra frasi o paragrafi. Se le connessioni logiche non sono ben costruite, il testo risulta frammentato o poco fluido, con cambi bruschi di argomento. Anche in questo caso il lettore ha difficoltà a seguire il filo del discorso.

Ma gli errori più palesi sono quelli della formattazione. Quasi sempre l’AI dispone il testo alla sua maniera, con spaziature irregolari, simboli e caratteri inusuali, margini e spaziature inadeguati, impiego casuale di titoli, sottotitoli, elenchi puntati o numerati. Scrivere testi con l’AI e poi copiarli e incollarli di sana pianta con la formattazione originale può dare un’impressione di scarsa cura e di una gestione dei contenuti dislessica, oltre ad influire sull’aspetto visivo del documento e sulla leggibilità.

6. Variazioni di tono, stile, registro linguistico

I contenuti generati da IA spesso mancano del tono di voce distintivo di un brand. L’assenza di una personalità rende i testi piatti e difficilmente riconoscibili, creando una disconnessione con il pubblico e una perdita di identità. Nei testi dell’AI possono comparire anche scelte linguistiche non appropriate al tipo di testo o al pubblico. Ad esempio, uno stile ironico e informale in un contesto molto formale potrebbe risultare inadeguato o offensivo per i lettori.

Gli errori di registro linguistico riguardano l’utilizzo di un registro che non è adatto al tipo di testo o al pubblico. Spesso i testi dell’AI vengono rimaneggiati da un essere umano, come è giusto che sia. Ma il rimaneggiamento deve essere fatto bene! Altrimenti si rischia di ottenere un mescolamento di registri diversi all’interno dello stesso testo, che può disorientare i lettori.

Ricorda anche che l’IA non coglie le sfumature culturali, linguistiche e di contesto che rendono i contenuti pertinenti per un pubblico specifico. Questo può portare a messaggi fuori luogo, che non risuonano con il target o generano incomprensioni.

Questo si verifica di frequente quando si ricorre all’AI per le traduzioni letterali da una lingua ad un’altra.
Pensiamo ai detti e ai proverbi, come “in bocca al lupo”. In inglese letteralmente sarebbe “In the wolf’s mouth” ma non comunica l’intento positivo di augurare buona fortuna. Anzi, può sembrare inquietante, poiché suggerisce l’idea di essere in una situazione pericolosa. La traduzione corretta in inglese sarebbe “Good luck”, che conserva il significato originale e il contesto positivo dell’augurio.

7. Testi con ridondanza, prolissità, ambiguità

Gli utenti che si ritrovano a leggere contenuti generati dall’AI lamentano spesso la presenza di ridondanza e prolissità. Parole, concetti o frasi vengono ripetuti inutilmente, col risultato che vanno ad appesantire il testo e rendono meno fluida la lettura. Questo errore si genera prima di tutto perché si sbaglia parola chiave o argomento (la keyword è troppo ristretta e c’è poco da dire). Oppure perché non si forniscono all’AI informazioni dettagliate su cosa scrivere: in pratica si sbaglia il cosiddetto “prompt“. In questi casi l’AI non sa come argomentare e continua a ripetere gli stessi concetti per raggiungere una lunghezza accettabile di testo.

L’IA può anche generare frasi che non sono chiare o che possono essere interpretate in modi diversi, creando confusione nel lettore. Questi problemi possono derivare dalla mancanza di una comprensione profonda del contesto e dell’intento comunicativo, che sono più facilmente gestibili da un autore umano.

In questi casi la presenza di uno specialista in grado di creare i prompt giusti e rimaneggiare il testo finale è fondamentale.
Anche i test di user experience possono rivelarsi vincenti. Basta semplicemente far leggere il testo a più persone (familiari, amici, conoscenti) e farsi dare una valutazione su leggibilità, chiarezza, comprensibilità, efficacia e utilità.
Fai delle domande per raccogliere feedback qualitativi e quantitativi. Hai trovato il testo facile o difficile da comprendere? Ci sono parti del testo che ti sono risultate confuse o poco chiare? Hai trovato il contenuto interessante e coinvolgente? Come valuti la formattazione e la presentazione visiva del testo?

Ricorda inoltre che l’uso esclusivo di IA può essere percepito come una mancanza di autenticità, soprattutto se gli utenti si rendono conto che i contenuti vengono generati automaticamente. La genuinità è apprezzata sui social media e nei contenuti web mentre l’assenza di autenticità può allontanare il pubblico.

8. Contenuti duplicati o poco originali

Gli algoritmi di AI possono talvolta produrre contenuti simili a quelli già esistenti sul web. Questo avviene soprattutto se l’IA si basa su dati di addestramento che includono ampie quantità di testo già pubblicato. Senza supervisione, c’è il rischio che risultino troppo simili a quelli di altri siti, penalizzando la posizione del proprio sito nei risultati dei motori di ricerca.

Dal lato utente succede la stessa cosa: se i visitatori non trovano contenuti che rispondono alle loro esigenze o leggono informazioni già viste da altre parti nel web, potrebbero abbandonare rapidamente la pagina e non tornare mai più sul tuo sito.

Quindi se il tuo sito web viene identificato come una fonte di contenuti poco originali e di scarsa qualità sia dai motori di ricerca che da parte degli utenti, potrebbe subire penalizzazioni dirette che influiscono sul suo ranking e sulla visibilità.
Scrivere testi con l’AI non basta ed è essenziale la presenza di un umano esperto che possa adattare i contenuti generati aggiungendo informazioni rilevanti e pertinenti.

9. Assenza di un’analisi sull’andamento del sito e dei profili social

L’intelligenza artificiale non è in grado di effettuare analisi sull’andamento di un sito web in relazione alla SEO e al posizionamento, nonché di formulare previsioni sul traffico futuro in maniera autonoma. È sempre necessaria la presenza di un esperto umano che valuta i dati provenienti da strumenti di analisi web, come Google Analytics.

Nei social network l’IA non può monitorare autonomamente le performance dei post (visualizzazioni, click-through rate, engagement) né fare modifiche per migliorare i risultati. Anche qui serve un monitoraggio umano per analizzare i dati e adattare i contenuti in base ai trend e alle preferenze del pubblico.

Gli specialisti sanno interpretare i dati alla luce di fattori esterni, come tendenze di mercato, eventi attuali o cambiamenti nel comportamento dei consumatori. Serve una valutazione critica delle metriche e dei risultati e gli esperti possono identificare correlazioni o anomalie che l’IA potrebbe non rilevare, evitando di trarre conclusioni errate.

Inoltre all’IA mancano due cose fondamentali: la creatività e l’etica. Gli specialisti umani sono in grado di proporre idee innovative per affrontare sfide specifiche e sviluppare nuove strategie, adattandosi a un ambiente in continua evoluzione. Possono valutare le implicazioni etiche delle decisioni basate su dati, considerare il potenziale impatto delle strategie proposte e garantire che siano in linea con i valori del brand.

Insomma, l’AI può supportarci nell’analisi di grandi quantità di dati ma la valutazione qualitativa (feedback degli utenti, sentiment e percezione del brand) deve essere fatta da un umano.

Spesso mi sento dire dai non esperti che fanno uso (anzi, abuso) dell’AI: “Io ottengo buoni risultati a scrivere testi con l’AI!”
E io gli rispondo: “Pensa che risultati otterresti se la usassi da esperto o ti facessi supportare da un esperto!”
Dunque, continuerai ancora a usare l’AI come prima, dopo aver letto questo approfondimento?