La manipolazione psicologica dei social network è reale?

Esistono numerosi studi sulla manipolazione psicologica dei social network, che ci spiegano come le piattaforme social possono influenzare il comportamento, le emozioni e le decisioni delle persone che li usano. Questa manipolazione non è necessariamente negativa, ma lo diventa quando gli interessi commerciali delle piattaforme prevalgono sul benessere degli utenti e non c’è una formazione rivolta agli utenti su come funzionano queste tecniche.

Infatti, gli algoritmi (insiemi di regole di funzionamento) dei social network sono progettati per fornire gratificazioni immediate, come notifiche, like e reazioni ai post. Inoltre i social network imparano col tempo le preferenze degli utenti per mostrare sempre e solo contenuti che catturano la loro attenzione.
Tutto ciò può portare a fenomeni come lo “scroll infinito” (siamo indotti a rimanere online più a lungo possibile) e il “filter bubble” (siamo esposti solo ad opinioni e contenuti che confermano le nostre idee).

Vediamo nello specifico i fenomeni attraverso i quali si realizza la manipolazione psicologica dei social network e come proteggerci da essi.

1. Ricerca di approvazione sociale

Le persone tendono a cercare approvazione e riconoscimento sociale. Sui social network questo si traduce nell’engagement (mi piace, commenti, condivisioni di post, visualizzazioni di contenuti). Un alto livello di engagement sui contenuti dei profili social genera soddisfazione, euforia e piacere, con rilascio della dopamina (lo stesso neurotrasmettitore collegato al gioco d’azzardo).
Tuttavia può verificarsi anche il contrario: poche interazioni o interazioni negative possono portare gli utenti a stati di frustrazione, ansia e depressione.
Inoltre le notifiche costanti e l’enfasi sulla condivisione di momenti perfetti creano una paura di essere esclusi o di perdere opportunità, spingendo gli utenti ad un uso compulsivo dei social. Si tratta del problema definito effetto FOMO (Fear of Missing Out).

2. Rafforzamento di comportamenti, pensieri e abitudini di consumo

I social network si basano su algoritmi che personalizzano i contenuti in base agli interessi, alle abitudini e alle interazioni degli utenti. Questo manipola i loro comportamenti.
Ad esempio i contenuti sponsorizzati portano le persone a conoscere e a scegliere determinati prodotti e servizi solo perché li hanno visti pubblicizzati sui social; e non perché effettivamente gli servono, o perché sono utili per loro o sono validi.
Anche i contenuti non sponsorizzati (ma comunque personalizzati) rafforzano convinzioni preesistenti, influenzano opinioni e atteggiamenti spesso sbagliati, limitando l’esposizione ad idee diverse (bias di conferma).
Le piattaforme infatti tendono a promuovere contenuti estremi o emozionalmente coinvolgenti, poiché generano maggiore interazione. E questi post virali danno l’impressione che certe opinioni siano largamente condivise, influenzando i comportamenti individuali.
Gli individui di solito osservano e imitano i comportamenti degli altri sui social network, soprattutto quelli di influencer, celebrità e amici.
Quindi non solo i consumi ma anche i comportamenti, i pensieri e il sistema di valori sono modellati da quello che si vede sui social network.

3. Modifica dei sentimenti e delle emozioni degli utenti

Le piattaforme social possono manipolare le emozioni e i sentimenti degli utenti attraverso i contenuti mostrati. L’esposizione continua a contenuti negativi può portare a riversare nella realtà queste emozioni, creando ansia, rabbia o divisioni.
Mettiamoci dentro anche fake news, disinformazione e propaganda non dichiarata, che manipolano le percezioni e i comportamenti degli utenti, influenzando le loro decisioni politiche e sociali.
Inoltre il tempo trascorso sui social network crea dipendenza e alienazione dalla realtà, andando ad impattare sulla vita quotidiana, familiare e relazionale delle persone.

Come limitare i danni della manipolazione psicologica dei social network

Ovviamente la soluzione al problema della manipolazione psicologica dei social network sulla mente delle persone non può essere l’eliminazione totale dei social stessi. Piuttosto è preferibile intervenire sul piano educativo.
Dobbiamo imparare a conoscere i metodi di manipolazione utilizzati dai social network: comprendere le regole che stanno alla base del loro funzionamento aiuta a sviluppare un pensiero critico, evitando di venire influenzati da tutto quello che si vede online.
Molto importante è anche capire come verificare le fonti per non cadere nelle fake news e nella disinformazione.

Per quanto riguarda il tempo trascorso online, oggi molti social network forniscono strumenti di monitoraggio per scoprire quanto tempo abbiamo impiegato nella navigazione. In tal modo siamo in grado di fare delle pause e diminuire la dipendenza.
Altri metodi per ridurre l’impatto dei social sulla nostra vita reale prevedono di ridurre o silenziare le notifiche push (in tal modo si eliminano le distrazioni e la pressione psicologica) e aggiornare le impostazioni di privacy per limitare la raccolta e l’uso dei dati personali.

Ognuno di noi può avere una parte attiva nel miglioramento dei social network anche segnalando i contenuti fake, manipolativi e dannosi e seguendo solo profili affidabili e autorevoli che condividono informazioni verificate.

Alcune letture e approfondimenti sulla manipolazione psicologica dei social network

Se volete saperne di più su questi argomenti, ecco una serie di letture utili.

“L’età del capitalismo della sorveglianza” (2018) di Shoshana Zuboff

Shoshana Zuboff è un professoressa americana ed è esperta di filosofia e psicologia sociale. In questo suo libro “L’età del capitalismo della sorveglianza” spiega come le grandi aziende tecnologiche utilizzano i dati personali degli utenti per manipolare il loro comportamento e trarre profitto.
I dati raccolti dai social network (mi piace, commenti, visualizzazioni, click sui link, salvataggi, condivisioni) sono un grande potenziale per le piattaforme e le aziende tecnologiche, che riescono a conoscere le richieste e i desideri dei consumatori e modificarli di conseguenza. Questa situazione viene definita dall’autrice “capitalismo della sorveglianza”, perché l’esperienza privata degli utenti diventa proprietà delle aziende.

L’esperimento del contagio emotivo di Facebook del 2012

Nel 2012 un esperimento su circa 700mila utenti ha dimostrato come la manipolazione del contento del feed di notizie di Facebook possa modificare le emozioni degli utenti. L’esperimento è stato eseguito da Facebook stesso in collaborazione con le università di Cornell e della California.
L’obiettivo era capire se le emozioni sono contagiose sui social media, ossia se gli utenti si influenzano emotivamente a vicenda attraverso i contenuti che visualizzavano sui loro feed di notizie. L’esperimento si è svolto per una settimana, dal 11 al 18 gennaio 2012. Il campione di utenti di Facebook raccoglieva utenti casuali e inconsapevoli.

Gli account sono stati suddivisi in gruppi: una parte degli utenti ha visto molti post contenenti parole positive, un’altra parte ha visto molti post con parole negative e un gruppo di controllo ha continuato a vedere i feed di notizie senza alcuna modifica. Lo studio ha rilevato che gli utenti esposti a contenuti negativi tendevano ad usare poi molte parole negative nei loro post.
Il contrario succedeva per gli utenti che vedevano molti contenuti positivi. Questo suggerisce che le emozioni possono essere contagiose attraverso i social media. Maggiori dettagli li trovate a questo link del sito della Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS).

“Il Filtro” (2012) di Eli Pariser

Vediamo infine uno studio dell’attivista e ricercatore americano Eli Pariser dal titolo “Il Filtro: Quello che Internet ci nasconde”. Il libro esplora come gli algoritmi di personalizzazione di Internet, in particolare quelli utilizzati da motori di ricerca e social media, creano una bolla di filtraggio che limita la nostra esposizione a informazioni diversificate, rafforzando le convinzioni esistenti e creando una visione del mondo più ristretta.
I contenuti che vediamo sui social network sono basati sui nostri comportamenti passati, interessi e preferenze. Questo porta ad un’esperienza online altamente personalizzata ma limitata. Le bolle di filtraggio possono contribuire alla polarizzazione politica e sociale, poiché le persone sono meno esposte a punti di vista opposti. Inoltre facilitano la diffusione di disinformazione e notizie false, poiché gli algoritmi tendono a mostrare contenuti che confermano le nostre preesistenti credenze.